giovedì 5 aprile 2018

Guarda dietro di te, di Sibel Hodge



Autore: Sibel Hodge
Genere: Thriller
Anno: 2016
Casa Editrice: Newton Compton Editori
(versione originale Amazon Publishing, 2014)
Pagine: 225
Disponibile su: Amazon

“Sento un dolore forte, scintille bianche lampeggiano di fronte ai miei occhi. Mi si rivolta lo stomaco e vomito, girandomi di fianco. La bile mi arde in gola, acida e violenta. Le lacrime mi fanno bruciare gli occhi. Mi lamento per il dolore, e afferrando la testa tra le mani mi giro di nuovo sulla schiena, ansimante. Ora l’oscurità non è più soltanto davanti ai miei occhi. È anche nella mia testa, mentre sprofondo nell’incoscienza”

L’ultimo ricordo di Chloe risale al 23 marzo. Festeggiava il compleanno di suo marito Liam, era una bella festa e tutti si divertivano. Poi, il vuoto. Stordita, si risveglia con polsi e caviglie legate in quella che sembra una cantina. Non sa come ci sia finita, né da quanto tempo sia lì. Attorno a lei c’è il buio più profondo. Gli unici suoni che sente sono un gocciolare insistente e il battito del cuore che le martella il cervello. Ha dolori in tutto il corpo, graffi e un grosso bernoccolo in fronte. Il panico prende presto il sopravvento e in breve capisce che qualcuno l’ha rapita sperando che muoia presto. Ma Chloe non ha nessuna intenzione di arrendersi e decide di usare tutte le sue forze per liberarsi. Dopo vari tentativi, ormai al limite, riesce a scappare dalla sua tomba per riemergere in un bosco. La fortuna vuole che qualcuno la veda stremata in mezzo  alla strada. Dopo essere stata soccorsa e portata in ospedale, quando decide di raccontare alla polizia quello che crede esserle successo fa una scoperta agghiacciante: ha perso i ricordi delle ultime 7 settimane della sua vita. Viene così a sapere dettagli raccapriccianti che la riguardano, cose impossibili da accettare perché non si rivede nella donna che le stanno descrivendo. Quel che è peggio, è che nessuno crede che lei sia stata rapita. Nemmeno suo marito. L’unica opzione rimasta è che sia diventata pazza. All’inizio anche lei dubita di se stessa, ma quando si guarda allo specchio non può accettare di essersi inventata tutto. La sua vita è come un puzzle da ricostruire, e solo lei può farlo. Non può fidarsi di nessuno: qualcuno le mente nascondendo particolari che potrebbero portarla alla verità più terrificante.

“Sono arrivata fin qui e sento di essere vicina alla verità. Voglio scoprire cosa è successo, ma allo stesso tempo sono spaventata a morte. Forse il dottor Drew aveva ragione, riguardo al fatto che il cervello umano spesso tende a bloccare i ricordi più traumatici con l'amnesia. Alcune cose sono troppo spaventose da ricordare”

Già conosciuta per opere di diverso stile, Sibel Hodge raggiunge la notorietà proprio grazie a “Guarda dietro di te” svettando in brevissimo tempo in cima alle classifiche on line come autrice autopubblicata. La semplicità estrema con la quale fa scorrere le parole, rendono questo thriller una calamita per il lettore. Ogni frase ha un punto in sospeso che porta irrimediabilmente a scorrere le righe fino al verso successivo. Nella confusione di eventi  e ricordi niente è lasciato al caso, tutto ha un senso che si incastra nel procedere della storia; come un castello di carte costruito da mani esperte, che sanno esattamente dove posizionare la carta successiva. Ma è proprio quando si pensa di aver svelato il mistero che il castello crolla, lasciando in piedi la sola base, quella che regge tutta la struttura, costringendo a rivalutare gli elementi acquisiti in precedenza, manipolarli per dare loro una forma nuova e tornare a poggiarli delicatamente sulla base, certi che sarà la volta buona.

“Un'altra idea mi passa per la testa. I sonniferi. Non li ho visti in giro per casa e di sicuro non erano nel sacchetto. Se davvero li ho presi devono essere qui da qualche parte. Cerco dappertutto, cominciando dalle credenze in cucina dove teniamo la scatola con dentro i medicinali. Tiro fuori tutto: cerotti, bende, gocce per il cerume, collirio, ibuprofene, paracetamolo, aspirine, alcuni antibiotici scaduti che erano serviti a Liam per l'ascesso a un dente, compresse di vitamina C, lassativi. Cerco negli armadietti del bagno e in tutti i cassetti della camera da letto. Nessun sonnifero”

Gli elementi più significativi della trama hanno sede nella mente di Chloe, della quale si evidenzia fin da principio un senso di inadeguatezza nei confronti del mondo intero. Nonostante pensi di essere sull’orlo della pazzia, la donna non si dà per vinta e prova in tutti i modi ad analizzare lucidamente ogni dettaglio. I suoi pensieri scavano a fondo, e la forza di volontà la spinge a voler ricostruire quel castello di carte tanto difficile da tenere in piedi, guardandosi le spalle da tutto e da tutti. L’autrice inglese/cipriota mescola con maestria ogni singola parola, facendo risaltare la forza delle emozioni e deviando il percorso logico per la risoluzione dell’intricato intreccio narrativo, facendo sì che nulla sia scontato. Anche le descrizioni dei luoghi sono significative, non tanto per i dettagli strutturali quanto per l'importanza psicologica che si impronta nella mente della protagonista. Ogni suo pensiero si confronta con la doppia faccia della medaglia: da una parte il desiderio estremo di riappropriarsi dei ricordi persi, dall'altra il terrore per le conseguenze che ne deriverebbero. 

“Mi sforzo di tenere a bada le emozioni. Perdere il controllo non mi porterebbe nulla di buono. Potrei essere internata di nuovo, e dove finirei? Dritta nel reparto di malattie mentali, ovviamente. Attorciglio le fredde lenzuola formando un nodo. Le sbroglio. Le attorciglio. Le sbroglio”



Durante la lettura si intuisce più volte il possibile rapitore di Chloe ma solo alla fine se ne avrà l'assoluta certezza, proprio perché l'autrice ha mescolato le carte talmente tante volte da riuscire ad insillare il dubbio costante, non solo nella protagonista della storia, ma anche in chi legge l'evolversi delle sue vicende. 


Claudia Mameli


venerdì 2 marzo 2018

Come la mosca nella tela del ragno, di Silvia Farinazzo




Autore: Silvia Farinazzo
Casa editrice: 0111 Edizioni 
Genere: Storico 
Anno: 2016
Pagine: 158
Disponibile su: Amazon

All'alba della seconda guerra mondiale, Marìa ha perso suo marito durante un attacco ed è costretta a lasciare la Spagna per rifugiarsi in Francia. Al suo fianco c'è Dolores, ma presto dovrà dire addio anche alla sua cara amica. Ciò che le resta è una figlia nata dell'inganno. Per cercare di salvarsi fingerà una nuova identità ma questa scelta costerà cara ad entrambe. La speranza di riuscire a rifarsi una vita si trasforma, in breve, nella consapevolezza di essere finita al centro di un incubo disumano. L'inganno sarà complice della sua deportazione, e dovrà quindi separarsi dalla piccola per poterla mettere in salvo, e affrontare da sola, per un brutto scherzo del destino, tutto il marcio di una guerra che ha portato le tenebre nel cuore degli uomini. Durante gli anni passati in schiavitù, l'unica cosa che ha dato a Marìa il coraggio di sopportare la fame, le torture, il freddo e la morte è stata la voglia di riabbracciare la sua bambina. Anche quando ormai certa di dover presto morire.

 
Leggere queste pagine è stato come vedere con i miei occhi tutto l'orrore di una guerra inutile e violenta, sentire la puzza della carne bruciata, il dolore delle ferite e la sofferenza dell'anima. È una storia dove l'immaginazione non serve, perché è tutto qui, descritto come se fosse un incubo vissuto in diretta. Le parole scorrono veloci insieme alle lacrime, più pesanti man mano che si va avanti. L'autrice non ha semplicemente scritto un resoconto di guerra, ha riportato in vita emozioni sopite, dimenticate in un angolo di memoria che si vorrebbe cancellare per non sentire l'obbligo morale di chiedersi "perché?" Perché gli uomini non possono vivere in pace, uniti, sostenendosi a vicenda per costruire un futuro migliore per chi ci sarà dopo di noi? La seconda guerra mondiale ha portato odio e distruzione nella terra, cicatrici profonde che dovrebbero essere un monito per tutti. Eppure, continuiamo a cadere sempre negli stessi errori. La storia di Marìa è quella di migliaia di persone che hanno avuto il coraggio di non arrendersi alle torture, alle umiliazioni, alla vita stessa. È una storia già sentita in tanti libri, documentari, inchieste, commemorazioni, ma è anche una storia da sentire, perché ogni storia merita di essere ascoltata. Per non dimenticare.

"All'improvviso, un gruppo di donne francesi compare sulla banchina. Alcune di loro portavano ceste di pane appena sfornato. Si avvicinarono al treno per offrirlo ai rifugiati. Gli occhi di madri e mogli francesi incrociarono quello di madri e mogli spagnole, senza dire una parola"

"Per la prima volta la giovane donna si presentò usando la sua falsa identità e lasciò a Pulette la fantasiosa descrizione delle loro vite fasulle"

"Lei aveva già conosciuto la follia della guerra, la vendetta dei vincitori, le torture, gli assassini. Ma quell'orrore superava qualsiasi immaginazione. Bambini e anziani lasciati in balia delle loro paure. Uomini e donne picchiati e umiliati. Quella non era guerra, era solo cinica follia"

"Sul pavimento, mischiata alla paglia, c'era una sostanza biancastra che reagiva al contatto con l'urina saturando l'aria con un odore tossico. Un paio di neonati, aggrappati al seno asciutto delle madri, piangevano disperati. Ogni parvenza di dignità umana si spense lentamente"

"María ricordava con nostalgia la primavera a Barcellona, quando i raggi del sole sfioravano i giardini in fiore e le acque cristalline del mare. Lì invece la primavera si fermava dietro il filo spinato, spaventata e disgustata da quell'orrendo spettacolo"

Claudia Mameli

venerdì 9 febbraio 2018

La malattia del tempo, di Andrea Aurisichio






Autore: Andrea Aurisicchio 
Casa Editrice: Il mio libro
Anno: 2017
Genere: Narrativa
Pagine: 180
Disponibile su: Il mio libro


Dodici mesi, questo l'arco di tempo al quale Noah deve fare affidamento prima che la sua vita finisca. È solo un ragazzo, ma il Caso o il Destino hanno scelto per lui il cammino verso una malattia che non ha nome, che gli va incontro subdola e spavalda nello stagliarsi di fronte ai suoi occhi. Noah ha poco più di vent'anni, e il sapere di avere un così breve lasso di tempo a disposizione instilla in lui il desiderio di andarsene in silenzio, annullandosi al mondo e a quello che potrebbe riempirgli l'anima nei suoi ultimi mesi di esistenza. Quando un giorno sceglie però di fuggire al dolore, s'imbatte in ciò che mai avrebbe pensato di incontrare. L'amore fa la sua comparsa sotto forma di un quaderno scritto a mano, e le parole che vi legge sono per lui linfa vitale che lo spinge a cercare il volto di chi le ha concepite. Greta entra così nella sua vita, dandogli la forza di andare avanti; ma è solo un'illusione che lo spaventa, portandolo a mettere i sentimenti ad un passo dal cuore  pur di non far soffrire la persona che ama in silenzio. Tormentato dai mille perché della propria vita, e dallo scorrere inesorabile del tempo, Noah proverà a parlare di sé attraverso una lunga lettera nella quale emergeranno le paure e le gioie che lo porteranno alla fine dei suoi giorni.

La storia si apre subito con quello che è il fulcro della storia: la malattia di Noah e quello che prova; il modo in cui i suoi genitori si sentano impotenti e devastati dalla notizia, e di come un barbone molto più saggio di tanti filosofi, e il diario di una ragazza della quale non poté scordare lo sguardo riusciranno a fargli rivalutare quello che gli sta accadendo. L'opera prima del giovane Andrea Aurisicchio, studente universitario con una predisposizione naturale ad esporre i sentimenti umani, ha qualcosa di profondo e delicato che richiama alla memoria emozioni sopite. L'autore scrive questo suo testo a soli diciassette anni, pubblicandolo solo due anni dopo. La storia, di per sé toccante per l'argomento trattato, è resa ancora più emozionante grazie alle parole usate per ragionare sul concetto della vita stessa. Mai pesante nelle descrizioni, a volte forse troppo sfuggente nell'esporre scene che meriterebbero qualche riga in più, Andrea dimostra di avere tutte le carte in regola per poter crescere come autore e farsi apprezzare dai lettori.

"Per me era qualcosa incredibilmente più difficile da accettare, era una lotta contro qualcosa di molto più grande e impossibile da sconfiggere: Il tempo"

"Ogni pomeriggio si sedevano allo stesso tavolino, di quello stesso bistrot, magari senza ordinare niente, e parlavano, ridevano, scherzavano, sembravano un tutt'uno, completamente in sincronia, in qualsiasi cosa, ma quando si separavano, i loro animi erano completamente soli"

"Il destino esiste ed è un grande meccanismo che ci fa arrivare dove lui vuole, ma allo stesso tempo, può essere cambiato ed è continuamente sfidato dal Caso"

"Il tempo è tiranno, un po' come il Caso, è qualcosa che non possiamo controllare. È come una costrizione a correre verso i propri obiettivi, senza mai potersi fermare un attimo per prendere fiato, perché un giorno ci sei e l'altro non ci sei più"

Claudia Mameli

giovedì 8 febbraio 2018

La metamorfosi di Kafka


   

Titolo: La metamorfosi 
Autore: Franz Kafka 
Anno: 1915
Genere: Letteratura dell'assurdo 
Disponibile su: Amazon

Questi giorni, tra i titoli da leggere mi sono ritrovata "La metamorfosi" di Kafka.  Era nella mia lista da tempo e ad essere onesta, per il poco tempo che ho ultimamente, non l'ho precisamente letto, ma ascoltato in audiolibro mentre cucivo i costumi di carnevale.
La storia fa senza dubbio riflettere sull'omologazione della civiltà: tutti devono essere uguali a tutti, precisi, diligenti, colti, dediti al lavoro. Appena una persona insoddisfatta del proprio esistere decide di cambiare strada e provarne una nuova, vuoi per curiosità, vuoi perché desideroso di affrontare una nuova avventura, o semplicemente perché incapace di reggere la vita precedente, ecco che gli indici si alzano e iniziano a puntare colui che ha subito la metamorfosi rendendosi irriconoscibile agli occhi degli altri. Bellissimo libro, ottima voce narrante, pone l'accento sull'incapacità degli uomini nell'accettare i cambiamenti; si evince l'attaccamento alle situazioni comuni, conosciute, e il desiderio di stare nella propria, monotona, tranquillità. Sopportare che gli altri modifichino modo di fare, esprimersi e pensare diviene difficile, quasi si pretendesse da loro di essere sempre uguali, privandoli del diritto di cambiare, evolversi e divenire qualcosa che prima non si era. Ci si sofferma a guardare il mutamento come una cosa negativa, portando all'isolamento chi decide di cambiare vita. Annullando la sua esistenza.
Quello che maggiormente mi ha colpito è il modo in cui Kafka utilizza le figure per esprimere i concetti: il padre in veste da camera prima e in divisa poi, è l'inerzia seguita da una buona dose di orgoglio; la mamma asmatica e desiderosa di salvare il figlio denota l'ansia di non riuscire nel proprio intento; la sorella che gli porta del cibo evitando di guardarlo, rappresenta tutto ciò che viene fatto per obbligo. Anche la governante che quasi esulta, fiera, per aver trovato il cadavere dello scarafaggio, ci dice quanto sollievo dia, a chi non è in grado di guardare oltre il proprio naso, sbarazzarsi di tutto ciò che distrae e scombussola la presunta normalità.  Il personaggio principale è invece il riflesso della frustrazione dovuta alla troppa normalità, al desiderio di cambiare avendo però paura di lasciarsi sopraffare dal cambiamento stesso.
Ottima storia per riflettere sul rispetto verso il prossimo, quali che siano le sue scelte di vita.

     

"Gregor Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo"

"Come poteva essere proprio una bestia, se la musica lo afferrava a quel punto?"

"La grave ferita di Gregor (...) sembrò aver ricordato anche al padre che nonostante la sua forma attuale, triste e ripugnante, Gregor era comunque un membro della famiglia e non doveva essere trattato come un nemico; il dovere familiare, anzi, era quello di vincere ogni senso di ripugnanza e di sopportare, niente altro che sopportare".

Recensione a cura di Claudia Mameli

mercoledì 19 luglio 2017

Recensione: Il cerchio, di Antonella Cataldo e Pierpaolo Ardizzone






Autori: Antonella Cataldo e Pierpaolo Ardizzone
Casa editrice: Le Mezzelane 
Genere: Erotico
Anno: 2016
Formato: Cartaceo/e-book
Disponibile su: Amazon

Bella ed indipendente, Melissa è una giovane donna in carriera dal carattere forte e affascinante. Ad accorgersi di lei è Roberto, un uomo dal carismatico potere seduttivo. Quando si rivela a Melissa, lo fa con talmente tanta irruenza e magnetismo, da stordirla. Lei, che è sempre stata sicura di sé, di colpo si trova succube di un burattinaio che la plasma a suo uso e piacere, diventando una marionetta instradata verso una particolare filosofia di vita che farà uscire il lato più perverso e remissivo del suo animo sessuale. Una volta annientati tutti i pregiudizi e superate le barriere di un'educazione classica, Melissa sceglierà di affrontare un percorso disseminato da dure prove che la condurranno all'abbandono totale.

 Antonella Cataldo e Pierpaolo Ardizzone scrivono a quattro mani un romanzo che va ben oltre la sessualità fine a se stessa, usando una delicatezza di non facile approccio con un genere letterario di questo tipo, che incarna l'apoteosi del piacere umano, fisico e mentale. Il BDSM nasce come una vera e propria filosofia di vita, sebbene cruenta nel contesto generale, capace di tirare fuori il lato animalesco di ognuno di noi, sopito dal buoncostume e dalle leggi morali che impongono atteggiamenti casti e discreti anche nell'intimità. Il bigottismo che ci circonda indica una via che non appartiene all'uomo, perché lui stesso è di per sé un animale e perché l'unione di due corpi rappresenta una pratica ancestrale che sigilla l'appartenenza di due anime. Questo concetto viene espresso chiaramente in tutto il testo. Infatti, i due protagonisti vivono questa pratica, che ai profani può apparire sadica, come un percorso di amore e fiducia reciproca; è un percorso da seguire insieme, passo dopo passo, per trovarsi sempre più vicini, più uniti e dipendenti l'uno dall'altra. Un cammino che, alla fine, chiude il cerchio dell'amore perfetto.

"Non ero più solo la sua Pantera, come spesso amava considerarmi, ma diventavo la sua Micia, la sua Vittima, soprattutto la sua Schiava, Donna e prete. Potevo essere il suo tutto"
"Ancora una volta fu il congiungersi di due corpi in uno solo, accomunati da un'alchimia e una complicità eccezionali, dove non servivano direttive o parole, bastava l'odore e lo sguardo a condurci"

"Mi ha dimostrato come io sia unica e come oltre ad essere Donna eccezionale, con un carattere forte, posso anche essere perfettamente sottomessa a lui, solo per il piacere di sentirmi tale"
"Avevamo un silenzioso bellissimo patto, ogni volta che ci toccavamo io portavo con me il collare e lui aveva tra le mani il guinzaglio. Così, come i nostri corpi e le nostre Anime si univano, lo facevano quei due oggetti, diventando uno solo"

©19/07/2017 Claudia Mameli

sabato 15 luglio 2017

Un passo oltre, di Olga Gnecchi e Gianluca Ingaramo




Casa editrice: Delos Digital
Collana: Horror Story
Formato: E-book
Anno: 2017
Genere: Horror
Pagine: 25
Prezzo: €1,99

Qual è il confine tra l'amore eterno e la rassegnazione della sua fine? Olga Gnecchi e Gianluca Ingaramo utilizzano la narrazione horror come similitudine alla presa di coscienza dell'epilogo di un rapporto. L'amore fra Antonio e Loretta è sempre stato unico e speciale. Hanno passato insieme tutta la loro esistenza bastandosi a vicenda, senza desiderare null'altro. Per il futuro progettavano sicuramente qualcosa di diverso dalla malattia che ha improvvisamente colpito Loretta, obbligando Antonio a prendere decisioni scomode. Lui non fa altro che occuparsi della sua donna, usando un metodo decisamente poco encomiabile per trovare il denaro sufficiente a farle avere una cura sperimentale che potrebbe guarirla e li farebbe tornare la coppia felice che sono sempre stati. Perché, sebbene il male l'abbia già divorata, lei sembra ancora abbastanza lucida da sentire tutto l'amore che Antonio continua a provare nonostante il devastante cambiamento. Nonostante sia già morta. La malattia si trasforma quindi in un mostro orribile che cerca di annientare i sentimenti, rendendo cieco chi vorrebbe che durassero in eterno. L'incessabile ricerca di una cura si può paragonare al desiderio ossessivo di riparare un rapporto ormai distrutto, al timore di lasciare la presa e continuare a vivere senza la propria metà. Nel racconto si fa riferimento  al film "Al di là dei sogni", tratto dal romanzo di Matheson, dove il protagonista cerca in tutti i modi di riportare alla realtà la propria compagna, facendole ricordare quanto bello sia stato il loro amore. In qualche modo, anche i nostri due autori hanno voluto creare una storia che si basa sulla speranza a tutti i costi. Anche a costo di morire per amore. Una storia, questa, con una terrificante sfumatura rosa che scuote l'anima e le viscere. Da leggere prima di addormentarsi, con la speranza di risvegliarsi accanto alla persona con la quale siamo andati a dormire e non con il suo alter ego.

"Quando ci si pongono troppe domande o si cerca di razionalizzare certe scelte, l’attrazione e l’amore perdono d’intensità. Quando proprio non si riesce a trovare le motivazioni, significa che queste prescindono da ogni logica e appartengono all'anima. Non c'è nulla di più profondo."

"Come avrebbe potuto privarsi di lei, che era ancora l’ultimo pensiero della sera e il primo al mattino, nonostante fosse così cambiata? Ne sentiva il bisogno più del cibo, più dell’aria che respirava."

"Armeggiò con le cinghie e in pochi istanti anche il braccio destro di Loretta fu libero, dopo di che le affidò letteralmente il cuore, lasciandola libera di affondarvi i denti e cibarsene."

"L’amore è anche questione di sorte, nasce dal caso e si sviluppa per come è stato scritto, forse da un volere divino, oppure per come deve andare, perché non ci sono altre alternative: in casi del genere, bisogna andare un passo oltre. "

INTERVISTA DOPPIA
A questa intervista, i nostri autori hanno risposto in due mance. Ho assegnato tre domande a testa alle quali rispondere per primi, e ho poi fatto loro avere le tre domande date in precedenza al partner, con relative risposte. Peccato che non si aspettassero l'inghippo!
Leggere per credere. 

1]Claudia) Bentrovati, miei carissimi e sconvolgenti amici. Dopo "Amore antigas" siete finalmente tornati a deliziarci con un vostro racconto da brivido! Per chi ancora non vi conosce come coppia letteraria, vi chiedo: cosa ha fatto scattare la scintilla tra voi due?

Olga) Per me è stata la maschera. Non sapevo chi ci fosse dietro. Quando l’ho scoperto, ormai era troppo tardi.
Gianluca) Se Olga dice che è stata la maschera, allora è stata la maschera. Chi sono io per contraddirla? Poi dovrei sopportarne le conseguenze…

2]C) Gianluca parte già da un genere horror, con i suoi Nocturna 12 e Nocturna 24; Olga, invece, è una scrittrice di thriller dei quali cito, tra tutti, "Sotto i suoi occhi" e "Creature oniriche", l'ultimo nato. Come riuscite a fondere i vostri stili? Chi è che tiene in mano le redini della situazione?

Gianluca) In pratica dobbiamo dire chi porta i pantaloni, il che è piuttosto semplice: facciamo a turno! Risposta seria è che scrivere insieme ci piace, se poi ci riesce pure bene non possiamo giudicarlo noi. Per fondere gli stili facciamo diversi passaggi di editing, dove ciascuno può fare quel che vuole anche delle parti scritte dall'altro. Risultato è che i pezzi tendono a risultare indistinguibili, perché (Amore Antigas a parte, ma è stato il primo esperimento e avevamo deciso di scrivere un capitolo a testa, andando a ruota libera) nessun passaggio è realmente frutto di una sola delle due penne.
Olga) Le redini le teniamo entrambi, a turno. Ci confrontiamo e leggiamo e rileggiamo, quindi è inevitabile che riusciamo a dare omogeneità ai nostri scritti e dare l'impressione che sia una sola mano a scrivere; se non riuscissimo a dare questa parvenza, non otterremmo un buon risultato e avremmo smesso. Inoltre, le lacune che lascio nella stesura riesce a colmarle Gianluca, e viceversa.

3]C) Tutte le favole hanno una morale. Anche quelle che fanno paura! Nelle vostre storie traspare sempre quel piccolo particolare che fa pensare che vogliate far arrivare qualcosa in più al lettore. Che cosa c'è nei vostri racconti, oltre al piacere del brivido, che dovrebbe farvi avere il benestare dei lettori?

Olga) “Amore Antigas” è nato per gioco, un botta e risposta che si è trasformato in una sfida all’ultima parola! Sbeffeggia (in modo scherzoso) quegli autori che si prendono troppo sul serio e un po’ anche i romanzi erotici che hanno invaso il mercato editoriale negli ultimi anni. Ci è sembrato divertente e lo abbiamo pubblicato perché potesse far sorridere i lettori (troppa serietà fa male!), e i riscontri sono stati positivi. Pare che siamo riusciti nell’intento!
“Un passo oltre” invece è abbastanza serio. Nelle nostre menti malate (cit. di una lettrice) (che lettrice impertinente! ndr.), volevamo parlare di un sentimento forte e cercare di capire fino a che punto potessero spingersi i nostri personaggi. Il fatto è che in realtà non sappiamo quasi mai fin dove ci porteranno le parole, ma proviamo sempre a dare un “significato” vero che il lettore possa cogliere. Nel caso del racconto in questione, l’idea è quella di parlare di un amore che diventa quasi ossessione e che porta il protagonista a compiere scelte drastiche. L’amore non deve forse essere sempre “un passo oltre”?
Gianluca) Rispondere dopo Olga è difficile, già lei è stata esaustiva. Comunque, pensiamo di dividere la nostra produzione (e sì, ci sono degli inediti, questo è uno scoop in esclusiva interplanetaria!) in due macrocategorie: una scherzosa, destinata al self gratuito, e l’altra più seria, da sottoporre agli editori nella speranza della classica… ehm… buona sorte! Significati cerchiamo sempre di metterne, nella speranza di farne un valore aggiunto per i lettori, ma anche per soddisfare una specie di volontà personale: per fare un esempio, con “Un passo oltre” abbiamo cercato di rispondere a una domanda seria, a cosa sia “giusto” fare per amore. L’idea della storia è nata da questo e, pur lasciando che ciascuno tragga le proprie conclusioni, per noi rappresenta anche una delle motivazioni che ci hanno spinti a scriverla.

4]C)Vivere di scrittura è il sogno di tutti gli scrittori ma, proprio perché è un sogno che pochi realizzano, i comuni mortali devono ritagliarsi il tempo da dedicare alla propria passione. C'è un rituale che seguite,  o una condizione particolare che stimola la vostra creatività, facendovi produrre al meglio sulla carta?

Gianluca) Concordo, il primo vero nemico è il tempo che manca sempre. Non esiste uno schema creativo prefissato. Di solito, prima di iniziare a scrivere ci confrontiamo sulle idee, scartiamo o approfondiamo, ci documentiamo… finché decidiamo che sì, possiamo provare a vedere cosa ne esce. Allora ci dividiamo i compiti per sommi capi, ma senza veri e propri rituali scaramantici. Anzi, forse uno ne esiste: sono io a prendermi la responsabilità di inviare il lavoro finito, perché così ha funzionato la prima volta e da allora i nostri lavori hanno avuto riscontri positivi, tranne un racconto per il quale già ci aspettavamo un rifiuto. Ma quello uscirà self a settembre.
Olga) Certo, non è facile vivere di scrittura. Nessun rituale particolare. Ci scherziamo molto, Gianluca è più organizzato e quindi parte subito dicendo "diecimila battute a capitolo?", "scriviamo la trama?", io invece sono più svogliata in questo genere di cose: scrivo e basta. Un pochino lo faccio impazzire, ma se la pensassimo allo stesso modo in tutto e per tutto non ci sarebbe il confronto necessario.

5]C) Ho avuto la soddisfazione di leggere i vostri lavori da autori indipendenti e, paradossalmente, Gianluca mi sembra quello più sentimentale tra i due, mentre Olga la vedo più tosta. Dovendo accettare una sfida, qual è il genere letterario che vi metterebbe più in difficoltà e perché?

Olga) Io tosta? (ride sguaiatamente) Forse dovrebbe dirlo Gianluca, se lo sono o meno. Posso dire che la parte tenera lui la tiene nascosta, ma è vero che c’è (e non parlo del facciale in gomma!).
Quello che mi metterebbe in difficoltà potrebbe essere il romance. Non so se sarei in grado di gestire un’intera trama che possa andare bene per il genere. Forse col sentimentalismo di Gianluca… Chissà… 
Gianluca) Eh no, qui non mi freghi! La cinque è uguale alla sei e, come si dice, “Paganini non ripete”. Quindi non rispondo. Tiè!

C) Eh, eh! Ti piacerebbe! Peccato che, prima, mi hai già dato la tua risposta! Eccola:

Gianluca) Uno dei più tosti sarebbe lo storico, perché presuppone approfondite conoscenze in materia, onde evitare scivoloni o anacronismi. Però non sarebbe proprio nelle nostre corde, cimentarci nell’impresa. Siamo più interessati al fantastico in ogni sua forma e sto cercando di convincere Olga a cimentarsi nella scrittura di un romanzo di fantascienza insieme. Se proprio vogliamo/dobbiamo cimentarci in un genere letterario diverso, preferirei fosse quello!

DOMANDA BONUS LEGATA ALLE RISPOSTE DATE DAL VOSTRO PARTNER ALLA NUMERO 5.

C)Vi ringrazio per essere stati in mia compagnia. Aspettando la vostra prossima collaborazione, vi faccio un'offerta che non potete rifiutare: Sfidate il vostro compagno a scrivere un racconto, affidandogli il tema che preferite per testare il suo grado di sopportazione!

Gianluca) Grazie a te, Claudia. Ma grazie proprio! Vabbè, Olga scriverà un romance MM, possibilmente con qualche elemento sadomaso. E se la caverà benissimo.
Olga) Grazie a te, Claudia! È stato un piacere.
Mi chiedevo se potesse scrivere un racconto sul periodo medievale in Papua Nuova Guinea... Sono sicura che troverebbe tante informazioni interessanti a riguardo!

 Lo so, con quest'ultima domanda vi ho un po fregato, perché alla numero 5 avete risposto in contemporanea senza pensare che l'avrei usata contro di voi, facendola vedere al vostro compagno prima che vi sfidasse... Ma è solo per il bene dei lettori! Attendo con ansia il vostro prossimo capolavoro dal titolo: Ingaramo VS Gnecchi!

Claudia Mameli

giovedì 6 aprile 2017

Recensione: C'è un mostro sul nostro ponte, di Giada Alessia Lugli





Genere: Horror
Anno: 2015
Formato: Kindle
Pagine: 256
Prezzo: € 0,99
Disponibile su: Amazon

Anna è la piccola vicina di casa di Stephen, figlio di uno psichiatra e orfano di madre. Fin dalla prima infanzia, la bambina ha manifestato dei problemi mentali, sminuiti soprattutto dalla madre, una donna severa che nasconde le proprie insicurezze nel cibo. La psicosi di Anna è in realtà una vera e propria fobia che nasce da un preciso episodio al quale nessuno crede, a parte Stephen. I due affrontano insieme la vita, lui proteggendo Anna dal mostro, lei dando al suo amico la forza per affrontare le proprie sofferenze. Crescono e diventano grandi in un mondo che si fa sempre più duro: il mondo degli adulti. Lì, i ragazzi iniziano a plasmare seriamente il loro futuro, compiendo scelte importanti. Quelle di Stephen, in particolare, saranno decisive per stabilire cosa dovrà essere di lui e, soprattutto, di Anna.

In questo romanzo, che per la sua sottile morale potrei definire un falso horror, Giada dà vita alle paure più profonde che risiedono nel peccato originale di ogni essere umano. In un mostro, incarna il sentimento di inadeguatezza e senso di smarrimento verso un mondo in cui ognuno di noi ha da compiere un percorso già scritto, nel quale sono compresi gli ostacoli da affrontare, per rafforzare o meno il legame di due anime che devono lottare affinché possano restare insieme fino alla fine, a dispetto delle difficoltà. La trama si snoda fra le montagne russe dei pensieri, complessi e accavallati in maniera meticolosa, affinché il lettore non si stanchi mai di leggere e si leghi ai personaggi, accompagnandoli fino all'ultima pagina.

"L'immagine di Cristo con il cuore in fiamme mi perseguita. Ho peccato contro lo Spirito Santo, signori miei, il che significa questo: ho peccato sapendo di peccare, ho visto il bene e ho visto il male e ho deliberatamente preso la seconda strada"

"Fu per questo che in casa Jones il mostro poté terrorizzare Anna a piacimento, perché sua madre decise che non c'era bisogno di prendere provvedimenti, dopotutto era solo una sciocchezza"

"Poi, nel momento in cui la sua mente avesse cominciato a vacillare dal terrore, il mostro avrebbe preso vita risvegliato dalla sua paura"

"Le volevo così bene e il suo viso mi piaceva così tanto che mi sentivo il cuore e il cervello talmente zeppi da dover abbassare gli occhi perché non ci stava più"

Claudia Mameli